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Channel: Vocazione francescana
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VORREI FARMI FRATE, MA COME FACCIO A MOLLARE IL MIO LAVORO?

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frati e giovani in cammino.., liberi e leggeri.
Ciao a tutti voi
che durante le giornate forse piene di lavoro e impegno cercate in rete un bagliore di speranza, quella luce che viene dal Signore.

Ieri mattina, mentre salutavo sant'Antonio alla sua tomba (vivo da poco al convento del Santo di Padova), attendendo l’inizio della messa per poi correre verso l’università, pensavo al nostro lavorare e faticare… al nostro stressarci e lasciarci trascinare qua e là dalle mille cose da fare e da terminare entro un certo tempo, perché le scadenze s’impongono, perché tutto corre veloce…

Sì, pensavo a noi, e mi veniva in mente una questione su cui ci siamo confrontati domenica scorsa, al primo incontro del Gruppo Vocazionale San Damiano svoltosi a Brescia. Alcuni giovani partecipanti si chiedevano con preoccupazione:

“io ho un lavoro sicuro;
come faccio a pensare di licenziarmi ed entrare in convento?
E se poi non funziona e torno indietro, come faccio?”

In effetti non è un problema da poco! Qui si vede chiaramente che seguire il Signore Gesù sui passi di Francesco d’Assisi non è uno scherzo, è qualcosa che ti può rovesciare la vita! Ne posso dare testimonianza!

Anche per me qualche anno fa, infatti, era arrivato il momento del grande dilemma: avevo 23 anni e un lavoro sicuro che mi appassionava molto. Nel cuore però sentivo un desiderio insaziabile, che continuava da molto tempo, di mettere da parte queste cose per vivere lo stile francescano, per darmi agli altri, per stare con il Signore.

La decisione però è arrivata in maniera molto graduale e facendomi aiutare dal mio padre spirituale. Quello che mi ha convinto, ricordo, è stata una cosa in particolare: avvertivo quella nostalgia insaziabile del Signore e di una vita spesa per lui e sentivo che questa continuava forte dentro di me, non solo nei momenti duri, bui, in cui avrei volentieri buttato tutto all'aria per cambiare vita.  Anzi...,  percepivo che quel desiderio profondo perdurava anche in quella nuova situazione che ora vivevo, quando finalmente la vita mi stava riservando momenti splendidi e pieni di gioia, un lavoro appagante e stimolante, persone che mi stimavano e mi volevano bene… 

Tutto andava per il meglio, eppure ancora io cercavo altro! Ecco, questa consapevolezza mi ha convinto a fare il passo.

Al momento di parlare con il mio capo mi tremavano le mani: volevo davvero “buttare via” tutto questo bene che veniva comunque dal Signore, che era regalo suo, per un’avventura nuova di cui sapevo ben poco, che magari nasceva da una mia illusione? Ed è stato lì che il Signore ha fatto, ancora una volta, la sua parte! 

Sì, ha aperto ancora una volta una strada in mezzo al deserto, dove sembrava che proprio non ci potesse essere: quel mio capo che si era sempre mostrato attento più al profitto che alle esigenze delle persone, che non guardava in faccia a nessuno pur di portare avanti gli interessi dell’azienda, proprio lui, era ora davanti a me che mi ascoltava in silenzio, sorrideva e mi diceva: “Nico, io non capisco e non condivido questa scelta, ma sento che è una cosa grande, importante, e ti appoggio!. E, morale della favola, in poco tempo mi ha concesso quell'aspettativa che proprio non mi spettava, e mi ha permesso di muovere i miei passi dentro la vita francescana!

Certamente questa non è una risposta ai dubbi che molti di noi giovani si portano dentro, è solamente un’esperienza, la mia, di un ragazzo di 23 anni che ad un certo punto ha rischiato ciò che aveva di prezioso e promettente fra le mani per un’avventura inedita che lo seduceva più di ogni altra certezza a buon mercato. 
Mi sento dunque di incoraggiare  tutti voi, invitandovi a non temere e a fidarvi del Signore e del suo sogno per voi. A quanti chiama, egli dona anche la forza e la gioia di scelte audaci, libere e generose, oltre ogni calcolo umano. Una preghiera reciproca.

Fra Nico (nico.melato@gmail.com)
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Vedi altri Post sul tema "Vocazione e lavoro".
Servizio e chiamata ; Perchè lasciare tutto per seguire Gesù? ; Testimonianza di Ignazio
Posso scappare? ; Mi faccio una famiglia o divento frate? ; E se non rispondo alla chiamata? ; Ad ogni chiamata rispondo NO

Brescia-Chiesa/Convento di san Francesco. Entro o non entro?



SIAMO NATI TUTTI CON UNA VOCAZIONE ADDOSSO

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Santiago de Compostella: frati pellegrini alla meta 

Possiamo fare 
due cose 
fondamentalmente
nella vita: 

tenere lo sguardo fisso 
su ciò che ci trafigge
e che molto spesso 
facciamo diventare 
il motivo
delle nostre soste
a tempo indeterminato, 

o ricordarci
dove stavamo andando,
e andarci comunque. 

Siamo nati tutti 
con una vocazione addosso, 
e la vera lotta 
è impedire 
a ciò che ci è capitato
di distrarci da essa. 

Non ci ha insegnato questo Cristo?

Don Luigi Maria Epicopo

FRATI FUORI SEDE: GIOVANI FRA I GIOVANI

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Padova: Giovani frati  diretti in Facoltà
Pace e bene cari amici in ascolto della vocazione divina.

Più volte ho parlato del cammino che un giovane intraprende per diventare frate e vivere da frate francescano. Una tappa importante è il tempo degli studi filosofico-teologici (a Padova, Assisi, Roma).
Ce ne parla fra Andrea, studente in teologia a Padova (presso il Convento s. Antonio dottore), dove è giunto da circa un mese dopo avere concluso in Assisi l'anno di Noviziato con la Professione semplice.
Lo affido anche alla vostra preghiera insieme ai confratelli che con lui condividono il cammino di formazione umana, spirituale e culturale.

Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
Fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

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FRATI FUORI SEDE
Giovani fra i giovani

Ciao a tutti, il Signore vi dia pace!

Come ogni nuovo inizio che si rispetti, è buona cosa dedicarsi alle presentazioni, e così eccomi: sono fra Andrea e insieme ad altri 22 giovani frati, diversi per età e provenienza (dall’Italia e non solo!), vivo a Padova presso il Convento s. Antonio dottore.

Qui siamo impegnati in una tappa importante della nostra formazione, chiamata post-noviziato in cui si prosegue il discernimento, in modo da arrivare alla professione perpetua dei voti (detta anche professione solenne… "frati per sempre" insomma!!).

Un aspetto fondamentale del cammino di questi anni è lo studio della filosofia e della teologia, presso la Facoltà Teologica del Triveneto: un’università vera e propria, con i suoi cinque anni di corsi e gli esami da sostenere.

Tutto questo per dire cosa? Che in realtà siamo molto più simili a voi!!  Sì perché è a voi che ci piacerebbe parlare : 50.000-60.000 studenti universitari che vi trovate a Padova come noi o nelle altre varie città universitarie.

Del resto anche la nostra comunità di frati studenti costituisce un insieme variegato, venendo da diverse città e addirittura paesi e continenti (tra cui Francia, Malta, Romania, Ungheria, Ghana e Cile), tutti accomunati dall’impegno nello studio.

Si può quindi dire che, in un certo senso, anche noi siamo STUDENTI FUORI SEDE! E abbiamo ben presente la fatica di dover costruire nuove relazioni, di ambientarsi in un territorio sconosciuto, di orientarsi tra professori e biblioteche, di vivere lontani dalla propria casa e dai propri amici.
Questa condizione, già legata in parte al nostro carisma francescano caratterizzato dall’itineranza (lo spostarsi di luogo in luogo ogni tot anni), connota soprattutto il tempo della formazione iniziale (nei primi quattro anni cambiamo convento almeno tre volte!): è l’occasione per imparare ad affrontare le novità con uno stile diverso… uno stile francescano. 

Ci guida e illumina in questo cammino lo stesso San Francesco, che così scrive ai suoi frati: “E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente.”(FF 91)
Ecco che si apre allora un orizzonte capace di dare meno spaesamento e qualche riparo in più nella quotidianità precaria e a volte sincopata da “fuorisede”.
Ciò che ci sostiene e fa la differenza, infatti, è proprio il desiderio di abitare e costruire fra noi relazioni familiari e fraterne anche fuori dal tempo e dallo spazio dell’università. Legami che possono nascere tra i banchi, ma che poi sanno mantenere una qualità e uno spessore tali da permettere confronti maturi e profondi su ogni realtà del vissuto, senza naturalmente dimenticare l’aspetto della fede e della spiritualità

Se noi religiosi siamo facilitati in questo, non è da ritenere impossibile che anche un giovane universitario "fuorisede"non possa gustare un’esperienza simile!
Al riguardo, se anche tu caro giovane amico studente cerchi legami e relazioni familiari e fraterne, se desideri un scambio e un confronto nella fede, se vuoi continuare un percorso spirituale pur lontano da casa, crediamo sia necessario, un po’ come lo è per noi ad ogni inizio, cercare, aprirsi e restare:

CERCARE: guardarsi intorno per trovare un gruppo/comunità parrocchiale, preferibilmente stabile, con cui condividere la preghiera, la fede, anche durante la settimana.
APRIRSI: per poter accogliere e farsi accogliere e così intraprendere con altri un bel cammino umano e spirituale.
RESTARE: in paziente e operosa attesa, con la consapevolezza che per conoscere e per farsi conoscere ci vuole tempo, per non rischiare di vivere una doppia vita alternandosi tra la settimana di università e il weekend a casa. Per arricchire in tal modo anche gli anni di studio di opportunità e occasioni di crescita e maturazione integrale.
Così i nostri cammini rimarranno disponibili al dialogo e alla sorpresa di Dio che, perché no, ci porterà magari ad affiancare i passi gli uni degli altri.

Per quanti di voi vivono a Padova e sono interessati a questo, cioè ad una comunità disposta ad accogliere nella preghiera e nella familiarità, la nostra porta rimane aperta. Venite a trovarci e conoscerci! Ci fa molto piacere. 
 Approfitto anche per segnalare, fra le varie proposte in atto e frequentate dai molti giovani che già girano in casa nostra, in particolarel'adorazione eucaristica per universitari, ogni martedì sera, dalle 20.45, (in via S. Massimo, 25 - Convento S. Antonio dottore).

A presto!
fra Andrea e i giovani frati di Padova

Padova - Convento S. Antonio dottore : Giovani frati e formatori

SANTI PER AMORE

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Pace e bene
cari amici in ricerca della vocazione divina

Nella festa di tutti i Santi che oggi celebriamo, mi piace segnalarvi come prossimamente (8 dicembre) in Algeria vi sarà a Oran la beatificazione di mons. Pierre Claverie (vescovo della città), dei sette monaci di Tibhirine e di undici religiose e religiosi che fra il 1994 e il 1996 , negli anni del terrorismo, scelsero di restare come presenza amichevole in seno al polpolo algerino, fino al dono del sangue, pagando con la loro vita.

Di seguito riporto il bellissimo testamento spirituale di P. Christian de Chergé, il priore trappista di Tibhirine (59 anni) . Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, sette dei nove monaci trappisti, fra cui P. Christian, che formavano la comunità del monastero di Tibhirine, fondato nel 1938 vicino alla città di Médéa 90 km a sud di Algeri, furono rapiti da un gruppo di terroristi. Il 21 maggio dello stesso anno, dopo inutili trattative, il sedicente « Gruppo Islamico Armato » ha annunciato la loro uccisione. Il 30 maggio furono ritrovate le loro teste, i corpi non furono mai ritrovati.

Questa testimonianza nel suo alto valore evangelico, nel gesto estremo del dare la vita, sintetizza in modo luminoso l'adesione totale per il Signore Gesù nella vita religiosa e consacrata. 
Si propone però anche come un modello possibile per i cristiani del mondo intero, indica uno stile, un modo di porsi vesro l'altro che è fonte di gioia e speranza profonda.


Il Testamento spirituale di padre Christian de Chergé

Quando si profila un ad-Dio
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.

La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.

Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.

So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima. L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.

La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista:“Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.

Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!

E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen! Inch’Allah.

Algeri, 1° dicembre 1993
Tibihrine, 1° gennaio 1994

BEATA ELENA: e tu, vuoi dare tutto a Dio?

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Monastero di Camposampiero: Suora Clarissa "iconografa"
Buongiorno a tutti, giovani in ricerca.
Credo che quasi nessuno di voi sappia che oggi qui a Padova noi frati francescani celebriamo la festa della beata Elena Enselmini!

"E questa chi è?" direte...

Si tratta di una suora di clausura, una monaca clarissa (cioè appartenente all'ordine fondato da Santa Chiara), vissuta a Padova negli stessi anni di S. Antonio. Era di famiglia nobile e da giovanissima scelse di lasciare tutti gli agi che la sua condizione le garantiva per entrare nel povero monastero dell'Ara Caeli, appena fuori dalle mura della città.
Lì conobbe, qualche anno dopo, S. Antonio e fra loro nacque una profonda amicizia spirituale, fatta di confidenze e sostegno reciproco: eh sì, anche i santi hanno bisogno di un amico, di affetto, di calore umano!
È proprio nel loro monastero, che S. Antonio il 13 giugno 1231 lascerà questo mondo, accudito dai suoi frati e dalla stessa Elena.

Oggi il suo corpo è custodito nel Santuario dell'Arcella, proprio accanto alla cappella che ricorda il luogo della morte di Antonio, immerso nel moderno quartiere multietnico della città di Padova, dove noi frati francescani stiamo in mezzo alla gente, soprattutto ai più giovani, offrendo un luogo di incontro e di integrazione fra le varie culture.
Il Monastero della suore Clarissecontinua invece ancora la sua presenza a Camposampiero, presso il Santuario del Noce, sorto sul luogo dove svettava anticamente un poderoso albero fra le cui fronde il Santo, pochi giorni prima della morte, si fece costruire una cella.

Nella preghiera di stamattina, in occasione della festa, fra i vari testi proposti, c'era anche una predica di S. Antonio. Ve ne riporto un passo:


Dai Sermoni di S. Antonio di Padova

"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente" (Mt 22,37).

Nel santo Vangelo troviamo detto "Dio tuo", e perciò lo si deve amare di più! Infatti amiamo di più le cose nostre che quelle degli altri
[...] Ama dunque con tutto, non con una parte. Se riservi una parte di te stesso per te, sei tuo, non suo. Vuoi averlo tutto? 
Dagli il tuo ed egli ti darà il suo; così non avrai niente di te, perché avrai tutto lui con te stesso. Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutte le tue forze.


Credo proprio che S. Antonio e la beata Elena siano persone così: ogni giorno cercavano di dare tutto di sé a Dio e ai fratelli, senza trattenere nulla, ricevendo così quel centuplo che riempie la vita di gioia.
Fratelli in cammino, che il Signore ci dia di poter fare altrettanto.

Vuoi anche tu averlo tutto? Dagli tutto, ogni istante, per come puoi.
Il resto lo farà Lui!






vedi altri POSTsulle Clarisse

LA VITA E' UN SOGNO FATTO PER TUTTI E L'AMORE E' IL PREMIO (Avicii)

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Assisi - GVA 2018 : Framing di Giovani e frati

Cari amici in ricerca, pace e bene.
Sono di ritorno in convento dopo i giorni stupendi del Convegno Giovani verso Assisi.

Qui ho incontrato e ascoltato tanti ragazzi davvero unici, carichi di speranze e grandi desideri e slanci, come a volte di paure e angosce e coraggio e fede di fronte al mistero e alle sfide della vita. 

Mi ha particolarmente colpito il dialogo avuto con M.un giovane di 18 anni appena compiuti: una testa arruffata di capelli neri e ricci, un fare apparentemente deciso e spigliato, un sorriso luminoso.. simpatico.
Già dalle prime battute, ecco il contrasto con la bellezza immediata di una giovinezza esplosiva e la fatica di crescere e vivere a pieno i suoi giovani anni, strattonato fra mille tensioni ed emozioni ed incognite. Ecco il peso dell'angoscia e del vuoto sempre in agguato, ma anche la lotta per uscirne, la voglia di diventare grande e il suo buttarsi impacciato in nuove esperienze fra tante paure, insieme al tormento di scoprirsi ancora così inadeguato in un bisogno immenso di amare ed essere amato e il timore di sbagliare o di ricevere fregature... Ecco la voglia di scappare e non vivere, la seduzione di vie di fuga facili, anestetizzanti e velenose.

Stava ascoltando, tutto "incuffiato", una splendida canzone «Wake me up» di Avicii, al secolo Tim Bergling, che il 28 aprile 2018, è morto suicida: un grande artista, all'apice del successo e dei record di vendite, travolto dal non senso e da un vuoto incolmabile.

M. mi ha confidato di essere rimasto profondamente colpito da questa tragica fine di Avicii, di averlo addirittura in parte invidiato, di avere pensato in qualche momento, sia pure per brevissimi istanti,  di emularlo e così sfuggire alla vita.
Era ad Assisi per la prima volta, giunto un pò per caso su invito di un amico.

E' stato molto bello ascoltare il suo racconto, insieme alla gioia inaspettata che mi diceva di stare provando da questa esperienza del convegno. Da solo si era fatto il giro di alcuni luoghi di Francesco, scoprendone la storia e immedesimandosi in lui e nella sua ricerca. Per la prima volta, in un angolo oscuro della chiesetta di san Damiano, si era scoperto a pregare e a piangere e a invocare il Signore, sentendolo vicino, amico e compagno.

Per la prima volta la sua domanda di felicità e di senso aveva trovato in Gesù un segnale forte, una indicazione luminosa e profonda capace di squarciare un orizzonte spesso oscuro, carico di incognite e paure. Per la prima volta parlava di sè con qualcuno, senza filtri, e per di più con un frate, un religioso.

"Me ne torno a casa cresciuto", mi ha detto, "meno timoroso! Ora so che non sono solo". E infine, citando Avicii "la vita è un sogno fatto per tutti e l'amore è il premio... ora so che questo vale anche anche per me".

Carissimi, affido M. anche alle vostre preghiere insieme a tutti i ragazzi presenti ad Assisi.
E al Signore Gesù, per il suo servo Francesco, sempre la nostra lode.

fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

 

Avicii, Wake Me Up

Feeling my way through the darkness
Guided by a beating heart
I can't tell where the journey will end
But I know where to start
They tell me I'm too young to understand
They say I'm caught up in a dream
Life will pass me by if I don't open up my eyes
Well that's fine by me
So wake me up when it's all over
When I'm wiser and I'm older
All this time I was finding myself
And I didn't know I was lost
[x2]
I tried carrying the weight of the world
But I only have two hands
I hope I get the chance to travel the world
But I don't have any plans
Wish that I could stay forever this young
Not afraid to close my eyes
Life's a game made for everyone
And love is the prize
So wake me up when it's all over
When I'm wiser and I'm older
All this time I was finding myself
And I didn't know I was lost
[x2]
I didn't know I was lost
I didn't know I was lost
I didn't know I was lost
I didn't know I was lost 

Avicii, Wake Me Up: (traduzione italiana)

Sento la mia strada attraverso l'oscurità
guidato da un cuore pulsante
non so dove finirà il viaggio
ma so da dove cominciare
dicono che sia troppo giovane per capire
dicono che io sia preso in un sogno
la vita mi passerà avanti se non apro gli occhi
beh va bene per me
allora svegliatemi quando è finita
quando sarò più saggio e più vecchio
tutto questo tempo mi stavo trovando
e non sapevo che mi ero perso
cerco di portare il peso del mondo
ma ho solo due mani
spero di avere la possibilità di viaggiare per il mondo
ma non ho altri piani
spero di restare così giovane
senza paura di chiudere gli occhi
la vita è un sogno fatto per tutti
e l'amore è il premio
allora svegliatemi quando è finita
quando sarò più saggio e più vecchio
tutto questo tempo mi stavo trovando
e non sapevo che mi ero perso
[x2]
e non sapevo che mi ero perso
e non sapevo che mi ero perso
e non sapevo che mi ero perso
e non sapevo che mi ero perso

DIO CI PARLA? QUANDO, COME?

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"Frati in dialogo"

Dio ci parla? E se sì, quando e come?

Oggi prova a rispondere fra Emanuele Zuglian, giovane frate studente in teologia a Padova (presso il Convento s. Antonio dottore), condividendo la sua esperienza di ascolto e di incontro con Gesù.
La Sua voce non solo lo ha guidato, qualche anno fa, a scoprire la chiamata ad essere frate ma, ancora oggi, gli mostra la bellezza della vocazione francescana nel condividere la vita con i poveri, con gli ultimi. 

Lo rigraziamo di cuore anche con la nostra preghiera. 

Al Signore Gesù sempre la nostra Lode. 

fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

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Quella volta che… 
Testimonianza di fra Emanuele

Un’impresa ardua scegliere un episodio particolare in cui ho sentito una parola di vita rivolta a me da parte di Dio. 

Sono convinto che il Signore ci parli continuamente e ci raggiunga nelle pieghe più piccole e ordinarie delle nostre giornate.

Tuttavia, ci sono degli incontri che effettivamente lasciano impresso nel nostro cuore e nei nostri ricordi la certezza che in quel preciso momento, in quel particolare incontro, in quel dato luogo, il Signore ci ha visitato in modo speciale.

Recentemente mi stavo recando a piedi verso la stazione di Padova e spesso si incontrano persone che chiedono soldi e, onestamente, in alcuni casi sono anche moleste. Tuttavia, passando in quel luogo ho notato più di una volta un uomo senza fissa dimora che quasi sempre trova riparo appoggiato alle vetrate dell’ingresso della stazione.

Mi ha colpito molto questa persona dall’aspetto mite, la corporatura esile e la sua piccola statura, soprattutto il suo sguardo profondo e gentile. Qualche volta ho sentito il desiderio di dargli qualcosa, vincendo quei pregiudizi che abbiamo un po’ tutti nei confronti di questi poveri: li userà per bere, per la droga… etc.
Quello che più mi colpisce è che lui non chiede niente…. anzi non parla neppure. Lo vedo quasi sempre scrivere qualcosa o disegnare e se ti avvicini lui ti sorride e gli leggi negli occhi la gratitudine per quel piccolo gesto.

Una domenica in particolare, tornando dalla parrocchia dove offro il mio servizio nel fine settimana, mi sono avvicinato a lui e gli ho dato una moneta. Allontanandomi, mentre mi incamminavo verso casa, vedevo ancora il suo volto e quegli occhi gentili e grati.

Dentro di me sono nati sentimenti di gioia e una commozione profonda e in un istante il mio cuore ha ricordato con semplicità le sante parole del Vangelo di Matteo 25,40:


“tutto quello 
che avete fatto a uno solo 
di questi miei fratelli più piccoli, 
l’avete fatto a me.”




Per ironizzare un po’ potrei dirla cosi: una grande gioia per una piccola moneta.

Mi auguro e vi auguro che il Signore ci faccia sperimentare in sovrabbondanza di queste grazie, perché credo che i piccoli gesti di amore quotidiani, di cui noi tutti siamo capaci, possono renderci sempre più simili al nostro Signore Gesù Cristo.

Fra Emanuele

CELIBATO E CASTITA': UNA PORTA SOCCHIUSA

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Cari amici in ricerca, il Signore vi dia pace.

Il Celibato per il Regno con il voto di castità, connota in modo radicale la vita di noi frati come di ogni religioso  o sacerdote. Una scelta esigente, quasi una sfida oggi, spesso non capita e contestata da chi la rifiuta a priori, ma anche mal compresa da chi la intepreta erroneamente come una neccessaria fuga e protezione, una barriera, una siepe dalle insidie del mondo.

In realtà quando ne si intuisce la verità profonda, la bellezza e la vertigine, non si può non esserne affascinati e stupiti. "Oggi ancor più che in passato, ha in sé un’incredibile carica profetica ed è un cammino di felicità e di realizzazione umana". E' così che può succedere, anche in questo nostro tempo, che alcuni "pazzi"  si sentano chiamati ad abbracciare questa via

Per un approfondimento in merito, vi propongo una interessante riflessione di Jean-Paul Vesco, (Domenicano, vescovo di Oran) pubblicata recentemente sull'Osservatore Romano.

Al Signore Gesù sempre la nostra Lode.
F. Alberto (fra.alberto@davide.it)
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UNA PORTA SOCCHIUSA...
Una frase del nostro maestro dei novizi mi accompagna dai tempi del mio noviziato domenicano: «Vivere il celibato consacrato significa accettare la scomodità e il rischio di lasciare la porta della propria vita affettiva largamente socchiusa». Sposarsi di solito permette di chiudere, per quanto è possibile, la porta a tutte le altre possibilità e di costruire un rapporto affettivo nel tempo con il proprio coniuge. Niente di simile nella vita consacrata che, oltretutto, suscita per natura confidenze, scambi a cuore aperto, e nutre molto facilmente una raffigurazione idealizzata della persona celibe «in vista del Regno dei cieli».

È forte la tentazione di chiudere quella dannata porta con ogni mezzo. Il più naturale è porsi, per quanto possibile, fuori dalla portata del rischio del rapporto, separarsi. Ciò significa, in primo luogo, non porsi più in una situazione di alterità in cui il rapporto è fatto di scambio reciproco, in cui ognuno si lascia raggiungere, si lascia toccare. È questo bisogno di separazione, in parte necessaria, la ragion d’essere della clausura monastica.

Il clericalismo, di cui Papa Francesco non smette di denunciare la pericolosità per la Chiesa, ha in parte origine da questo desiderio legittimo di mettere la propria vita affettiva al riparo dalle correnti d’aria. Ma la clausura clericale può presto rivelarsi, sia per i sacerdoti sia per le persone che li frequentano, anche se con le intenzioni più pure da entrambe le parti, una protezione tanto più illusoria in quanto può nascondere il rischio della seduzione reciproca.
Tale rischio è aggravato dal fatto che il bisogno di una giusta distanza si coniuga con la propensione di ogni istituzione umana a produrre i propri strati, i propri codici e le proprie élite.

La Chiesa non solo non fa eccezione, ma ha addirittura una propensione particolare a sacralizzarli. Che cosa abbiamo fatto del comandamento di Gesù ai suoi discepoli «e non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Matteo 23, 9)? 
Quando capiremo finalmente che con queste parole Gesù auspica vivamente una Chiesa di fratelli e di sorelle e non una Chiesa scissa tra sacerdoti e fedeli, così come ha denunciato papa Francesco nella sua lettera sugli abusi sessuali dello scorso 22 agosto? «Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo».

Pertanto, lungi dall’essere un baluardo contro gli assalti dell’affettività, questo isolamento clericale, anche sotto forma di autorità degli uni sugli altri — che, se non si fa attenzione, l’ordinazione sacerdotale genera in modo così naturale — può creare le condizioni favorevoli a ogni sorta di eccesso, di abuso di potere. Tali abusi scioccano ancor di più in quanto spesso toccano le corde più delicate dell’anima delle persone che li subiscono. I danni umani sono ancora più terrificanti. E se commessi su bambini, sono criminali e devono essere trattati come tali.

Periodicamente si levano voci che invocano tali abusi a sostegno della rivendicazione del «matrimonio dei sacerdoti», panacea per tutti i mali della Chiesa. È di fatto un altro modo di soccombere ancora una volta alla tentazione di sbattere questa dannata porta socchiusa. Sarebbe davvero un peccato se la Chiesa cattolica romana si riallacciasse alla sua tradizione millenaria di ordinazione di uomini sposati per un simile motivo, di mancanza.

Ben lungi dall’essere una frustrazione affettiva perversa e pericolosa per il contesto, il celibato consacrato è un tesoro del cristianesimo. Oggi ancor più che in passato, ha in sé un’incredibile carica profetica ed è un cammino di felicità e di realizzazione umana. Quant’è bello provare questa libertà di una vita come fratelli e come sorelle in un rapporto di alterità e di uguaglianza assoluta in dignità. Quant’è bello assaporare la castità di un rapporto di amicizia tra uomini e donne, certo raramente scevro della sua parte di seduzione reciproca, in un mondo in cui il desiderio è l’oggetto di tutte le polarizzazioni.

Dio, quant’è bello questo rapporto, Dio, quanto è vertiginoso. Significa accettare il rischio di questa porta socchiusa, non abbassare mai del tutto la guardia e guardare in faccia la nostra fragilità umana piuttosto che nasconderla dietro a protezioni illusorie. Significa l’umiltà e l’annullamento dell’amico dello sposo, che esulta di gioia alla voce dello sposo (cfr. Giovanni 3, 29), più che la sicurezza di un “uomo di Dio” che potrebbe sorprendersi a dimenticare che rimane comunque un uomo.

di Jean-Paul Vesco,
Domenicano, vescovo di Oran

Tratto dall'Osservatore Romano

LE PICCOLE COSE

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Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo; 
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.

Io sono tranquillo e sereno 
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, 
come un bimbo svezzato è l’anima mia,
speri Israele nel Signore, ora e sempre. 
                                                                                                Salmo 130


Benedetti siano gli istanti,
e i millimetri, e le ombre
delle piccole cose.

Fernando Pessoa

LA CASSA DELLE COSE INCERTE: quando i dubbi ti divorano!

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Fratelli in ricerca, oggi voglio raccontarvi una piccola storia.

Qualche giorno fa ero al “Giovani Verso Assisi”, il grande incontro nazionale che noi frati organizziamo ogni anno per il ponte di Ognissanti dedicato a tutti i giovani che si sentono legati alla realtà francescana.

Durante una delle serate vissute in basilica, accanto alla tomba di San Francesco, ho avuto l’immenso dono di ascoltare alcuni di questi giovani, di farmi loro accanto, di condividere passaggi di vita intensi, impegnativi, messi fra le mie mani come tante fragili opere d’arte.
Ho ancora ben stampato negli occhi lo sguardo di una ragazza di una regione del sud, C., pieno di dubbi, di domande, di indecisioni e incertezze… Si sentiva davvero schiacciata fra le tante cose che la assillano fra famiglia, ragazzo, università, futuro, gruppo in parrocchia, preghiera...

In quel momento, ascoltandola, mi è tornata in mente un’immagine: qualche settimana prima nel duomo di Monza mi ero imbattuto su una cosa molto particolare, direi unica. Era una semplice cassetta, tipo quelle per le offerte, ma recava una scritta che mi ha davvero incuriosito, e quindi l’ho fotografata:
Cassa delle cose incerte - Duomo di Monza
Le ho raccontato di questa cassetta, e insieme abbiamo immaginato di averla lì con noi. Abbiamo provato a fare un elenco, un elenco delle cose incerte, e ad una ad una infilarle dentro la cassetta. Mentre la pila di foglietti immaginari cresceva, saliva anche un leggero sorriso su quel volto tirato, che man mano si rilassava un po’. Abbiamo potuto anche scherzare e prenderci un po’ in giro per tutti i casini in cui ci infiliamo nelle nostre vite, compresi quelli che non esistono proprio e li costruiamo noi, dal nulla, con la nostra fantasia.

Quando ci siamo salutati l’elenco delle cose incerte era ancora lì, dentro la cassetta. Nessuna di queste era stata apparentemente risolta. Eppure questo gesto simbolico, questa cassetta immaginaria, ci aveva fatto bene: quando i dubbi vengono chiamati per nome, fissati nei loro confini realistici, condivisi con qualcuno di cui ci fidiamo, affidati alle mani buone e sagge del nostro Signore, lasciati anche decantare nel tempo… quando viviamo questo passaggio interiore, apparentemente banale e inutile, le cose lentamente cambiano.
La realtà diventa un po’ meno ostile, la foresta dei nostri pensieri inizia a diventare un po’ più familiare, qualche raggio di luce comincia a penetrare fra i rami. È un semplice foglietto che non esiste, con alcune parole impresse sopra, lasciato dentro una cassetta del nostro cuore, fra le mani di Dio. Eppure lentamente si scioglie, perde di potere su di noi, si rivela nella sua evanescenza e sparisce, oppure ci racconta una verità più profonda di noi, e quindi si trasforma in possibilità nuova di vita.

Fratelli, siamo tutti pieni di cose incerte.

Qualche anno fa, all'inizio del cammino, credevo che con il passare del tempo le cose si sarebbero via via chiarite, che i dubbi sarebbero volati via. La mia povera e minuscola esperienza invece mi sta dicendo il contrario: con il tempo le certezze diminuiscono di numero, le domande si fanno invece sempre più profonde. Sì, perché stare con il Signore semplifica e destruttura: lentamente la sua presenza sfoglia il nostro cuore, e strato dopo strato ci si avvicina al centro, dove le cose sicure diventano sempre meno e sempre più forti, reali, concrete, durature, mentre tutto il resto si trasfigura, rivela la sua essenza, ciò che è davvero: umanità fragile, da rispettare, da accogliere, da amare.

Facciamoci una cassetta delle cose incerte! Ascoltiamo i nostri dubbi, diamo loro un nome e una cittadinanza dentro di noi. Affidiamoli alle mani del Signore, che abita nel nostro profondo. Scrutiamoli, mettiamoli alla prova, lasciamoli sciogliere e trasformarsi.
E aggrappiamoci sempre all'unica vera certezza: Dio è amore!
Il suo amore fedele non ci abbandonerà mai!

Buon cammino a tutti!

Fr. Nico

SE IL SIGNORE CHIAMA... NON TI VUOLE FREGARE

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Brescia-Convento/chiesa di san Francesco
Gruppo san Damiano alla celebrazione eucaristica
Cari amici in ricerca vocazionale, pace e bene.

Nel recente week end a Brescia (convento/chiesa di san Francesco)  si è svolto il secondo incontro del Gruppo San Damiano, per un discernimento e un orientamento alla vita religiosa francescana (diventare frate ?). 

Sette giovani arrivati un pò da varie parti del nord Italia (Sebastiano da Verona, Giacomo da Parma, Simone da Padova, Marco da Mantova, Marco da Novara, Massimo e Paolo da Torino) si sono ritrovati con noi frati per pregare, confrontarsi, condividere, ascoltare ed essere ascoltati.

  • Il tempo: E' fondamentale, come ho scritto tante volte, questo "darsi del tempo", sapersi fermare attorno ad una domanda, un sentimento, un'inquietudine e così rientrare in se stessi e guardare più da vicino i segni divini e la loro direzione: si tratta di verificare una scelta di vita... non si può avere fretta o affrontare il tutto con superficialità !!
  • Il gruppo: Fondamentale è anche il camminare insieme ad altri! Da soli non si va da nessuna parte e si rischia al contrario o di scappare o di giungere a conclusioni unicamente basate su noi stessi, fatte a nostra immagine e somiglianza e dove la volontà di Dio c'entra ben poco. Questa, unicamente dal confronto e attraverso tante mediazioni, invece, riesce ad emergere e rivelarsi.
  • Il Signore: Irrinunciabile, l'incontro  con il Signore attraverso la Parola, nell'adorazione, nella preghiera condivisa con i frati, nel silenzio che solo da voce ai sussurri dall'Alto.
  • La testimonianza : Sempre bella e concreta poi, l'esperienza di stare in comunità con dei frati veri, la testimonianza dei postulanti  , i giovani che a Brescia vivono  due anni di verifica e che consente anche ai nuovi arrivati un dialogo e un riconoscersi alla pari.  
Certo, aderire al gruppo San Damiano, chiede di fidarsi e rischiare, un uscire da se non scontato per mettersi in gioco ed esporsi e muovere dei passi e faticare, e gioire e piangere se necessario. Ma ne vale la pena..nella certezza che il Signore quando chiama e si propone, non vuole fregarti, ma donarti una vita piena e bella.

Il prossimo appuntamento sarà dal 6 al 9 dicembre. L'incontro si terrà ad Assisi presso la Basilica di san Francesco, accanto alla tomba del santo: un momento autentico di Grazia. (vedi sito)
Se qualcuno di voi, miei giovani amici e lettori volesse unirsi al gruppo per vivere questa esperienza di discernimento, si faccia vivo quanto prima.  

Chiedo anche la vostra preghiera per i giovani del Gruppo san Damiano e noi accompagnatori e guide. 

Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
Fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

LA VOCAZIONE DEL FRATE FRANCESCANO : AMARE, DONARE, RIPARARE

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Gerusalemme - frate francescano nella piazza del Santo Seplocro

Pace e bene cari amici in ricerca. 

In questo nostro tempo, la Chiesa sta attraversando un momento non certo facile.
Si assiste, soprattutto in occidente, ad un crescente disinteresse e fuga dalla fede.
Essere cristiani non è certo più di moda; il Vangelo e Gesù sono "roba inutile e superata" per tante persone, specie per i  giovani che però, di conseguenza, si ritrovano sempre più soli, disorientati, spesso sedotti e traviati da idoli potenti e diabolici. Pesano dolorosamente anche i peccati e gli scandali all'interno della chiesa stessa e di alcuni suoi uomini che con i loro tradimenti e nefandezze l'hanno oscurata e umiliata, generando ulteriore sfiducia e distanza. 

Il Signore sta regalando però a questo nostro difficile tempo anche la testimonianza semplice e forte di tante persone, di tanti giovani ardenti, desiderosi di annunciarlo e spendersi per Lui. In particolare ci ha donato la luce di papa Francesco che con la sua azione e le sue parole, sta scuotendo l'intera Chiesa ad un rinnovato slancio d'amore e gioia e fede nel Vangelo e in Gesù.  Dunque... NON TEMIAMO!  



In tale contesto, ritorna ancor più attuale, il nostro carisma francescano con quelle parole che il Signore Gesù, dal Crocifisso di san Damiano, rivolse al giovane e inquieto Francesco 800 anni fa: « Va, Francesco e ripara la mia Chiesa, che come vedi, cade in rovina». 
Quante vite, infatti, anche in questo tempo, sono offese ed oppresse attendendo qualcuno che porga la mano! Ci sono cuori da sanare e guarire; ci sono giovani confusi e soli, da accompagnare e incoraggiare; c'è una tristezza e un non-senso che solo la gioia del Vangelo può cancellare; c'è ancora una Chiesa da riparare e ricostruire. 
Al riguardo, la vocazione francescana con le dimensioni della fraternità, dell’interiorità, della predicazione della penitenza e della pace che la caratterizzano, ha davvero tanto di buono da dire e offrire. 

A noi francescani, credo dunque sia affidata oggi più che mai, la missione di portare a tutti coloro che sono "affaticati e oppressi"un messaggio d'amore e gioia e speranza.
Come leggiamo nel Vangelo di san Giovanni (cf. Gv 12, 1-10noi frati dobbiamo però metterci umili ai piedi di Gesù e del prossimo per offrire una nuova e rinnovataunzione di Betaniacosì che il profumo prezioso di Cristo e del suo Vangelo ritorni a inondare il mondo
Ma come fare?

  • sempre più "profumato e prezioso" e intimo dovrà essere il nostro incontro con il Signore, ma anche sempre più bello e aperto il relazionarci con il prossimo, soprattutto se ferito e debole. 
  • sempre più  "profumata e preziosa" la nostra vocazione nel risollevare vite, benedire vite, celebrare la vita di ogni essere umano nel nome di Gesù. 
  • "profumata e preziosa" e dunque generosa e audace la nostra missione di riparare la Chiesa a partire dai cuori, dalle famiglie, dai giovani, dal vissuto di ogni uomo. 

Nella sua Prima Regola San Francesco dice : « chiunque bussi alla porta del convento, questi sia accolto con bontà, sia esso amico o nemico». Si tratta di una bella sfida!!
 La sfida di: 

  • Accogliere tutti con bontà, senza giudicare. 
  • Accogliere per incoraggiare. 
  • Accogliere per fortificare. 
  • Accogliere per rilanciare e rinnovare una vita. 
  • Accogliere con pudore la storia di ogni persona: il pudore, l’aidos (Αἰδώς) dei greci, questo spazio di intimità e rispetto e umiltà fra noi e gli altri che è quasi scomparso nella nostra società e che noi frati possiamo offrire attraverso relazioni libere, gratuite e sane. 

Se dunque non lo si era ancora compreso, la nostra vocazione, (cfr. post precedenti ), consiste nel "DONARSI in Cristo", in alternativa ad un altro attegggiamento contrapposto come il "PRENDERE o il PRETENDERE per Sè".
Amare, donare, riparare, …: ecco cosa deve caratterizzare i frati francescani!! 

Anche a te, allora, caro amico "in ricerca" che leggi queste righe, rilancio la nostra chiamata e vocazione... Pensaci! Prega! Confrontati! Fai qualche passo...  e il Signore ti guiderà! 

A Lui sempre la nostra lode. 
fra Alberto (fra.alberto@davide.it)


VA E RIPARA LA MIA CASA.....

LA VOCAZIONE , UNA DANZA FRA DIO E L'UOMO

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                                         Henri Matisse, La danza II (1910), Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo                                              “tu  sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima ed io ti amo”. (Is 43, 4) 

Mi scrive Luigi (18 anni). 
(...) Anche se credente, per me è inconcepibile parlare e accettare anche solo l'idea di vocazione e la possibilità di partecipare ad un percorso vocazionale come il Gruppo san Damiano. Come posso pensare che qualcuno (anche se è Dio) abbia già deciso per me cosa devo fare nella mia vita?(...)

Risposta di fra Alberto
Comprendo bene, caro Luigi,  come la parola "vocazione" così intesa  ti possa spaventare e allontanare da un cammino di ricerca proprio perchè vista come un qualche cosa di esterno, di imposto dall'alto. Se fosse davvero così, avresti pienamente ragione! 
Consentimi però di parlartene in termini diversi.

Al riguardo, prima di tutto vorrei dirti che, anche se prendi in considerazione la tua giovane esistenza, questa già ti interroga e ti provoca inevitabilmente in chiave vocazionale:  la vita, infatti, che pure ti appartiene, è un qualche cosa di grande e bello che non ti sei dato da solo, ma che ti è stata affidata gratuitamente. Essa dunque è già una chiamata - una vocazione, che sgorga da un atto d'amore di Dio unicamente e specificatamente rivolto a te; tu non sei solo un atto biologico!
E' bello e confortante, invece, scoprire quanto il profeta Isaia mette sulle labbra di Dio, che  “tu  sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima ed io ti amo”. (Is 43, 4) che sei stato creato per essere amato e per amare e che questo è il tuo vero destino, qualsiasi strada percorrerai. 

In secondo luogo, venendo poi alle dinamiche e ai  percorsi vocazionaliche tanto ti spaventano, è vero che l'interlocutore principale è Dio, che chiama chi vuole, quando vuole e come vuole «secondo il suo proposito e la sua grazia» (2 Tim 1, 9); che chiama tutti alla salvezza, senza farsi limitare dalle disposizioni del ricevente.
Ma lalibertà di Dio s'incontra sempre con la libertà dell'uomo e dunque anche con la tua libertà, in un dialogo misterioso e affascinante, fatto di parole e di silenzi, di messaggi e azioni, di sguardi e gesti, una libertà che è perfetta, quella di Dio, e l'altra imperfetta, quella umana.

La vocazione è dunque totalmente attività di Dio, ma anche realmente attività dell'uomo: lavoro e penetrazione di Dio nel cuore della libertà umana, ma anche fatica e lotta dell'uomo per esser libero d'accogliere il dono”. (Nuove Vocazioni per una Nuova Europa)

All’origine della vocazione c’è dunque l’amore di Dio, il suo desiderio di prendersi cura del bisogno di ogni persona di sentirsi amata e custodita. Ma proprio perché si sente amato, l’uomo diventa capace di amare e, per questo, si chiede:«Come posso esprimere l’amore che sento dentro?».
Ciascuno poi realizza la propria libertà di amare in varie direzioni ( matrimonio, vita consacrata, missione, servizio...)

Mi piace paragonare la dinamica vocazionale ad una sorta di DANZA fra l'uomo e Dio; una danza talvolta non facile, a volte gioiosa e appassionata, ma anche sofferta e timorosa,alla ricerca di un equilibrio e di un passo comune, di un'armonia reciprocanon sempre immediata, ma necessaria  e fondamentale per la vita di ognuno di noi.

Non scoraggiarti dunque caro Luigi, ma lasciati coinvolgere dalla musica, dalla danza, dai passi che il Signore vuole proporti e insegnarti e insieme, costruirete una storia, una vita, un intreccio e un'intesa che darà senso e pienezza alla tua vita in un libero volteggiare e stringersi e abbracciarsi, ma che saprà abbracciare e coinvolgere anche altre persone e anche ad esse potrai così donare la stessa gioia e lo stesso amore e la medesima armonia. 

MIO FIGLIO E' UN GIOVANE FRATE FRANCESCANO

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Ciao a tutti, fratelli di cammino.

Oggi è una giornata davvero luminosa: sono proprio contento perché ho avuto il permesso di condividere con voi un piccolo gioiello prezioso!

Come sapete qualche volta su questo blog postiamo le lettere di qualcuno di voi (previo il permesso del mittente, ovviamente!), certi che la testimonianza diretta sia sempre utile e benedetta per il cammino di tutti.
Questa volta però ho fra le mani una lettera molto particolare: l'ha scritta la mamma di un frate, un mio caro confratello di cammino. Me l'aveva letta qualche settimana fa, con le lacrime agli occhi dalla commozione: mi è venuto naturale proporgli di condividerla sul blog... sono passati un po' di giorni, e ieri sera mi è giunto il via libera direttamente dalla voce (altrettanto commossa) di sua mamma, che in questi anni è divenuta anche un po' mamma mia...

Ecco, allora ve la metto qui sotto, senza il bisogno di aggiungere commento alcuno: sono convinto che davvero parli da sola, urli al mondo la bellezza di amare, di affidarsi, di spendersi, di regalarsi a Dio e ai fratelli. Mamme così sostengono il mondo: con l'aiuto del Signore aprono la vita al futuro, fanno la loro piccola parte perché il regno di Dio venga, e venga presto!

Un abbraccio a tutti.
Fra Nico (nico.melato@gmail.com)


Lettera di L., mamma di un giovane frate francescano

Mio figlio èun giovane frate francescano.
Mio figlio è vita donata!
È testimonianza viva e vera di Dio,
della Sua presenza, della Sua tenerezza, del suo grande Amore!

Tutto è cominciato, anzi tutto è cambiato per mio figlio e per noi, un po’ di anni fa: con poche parole scritte in una lettera ci annunciava la sua decisione:
Mamma, ho incontrato il Signore! Voglio capire cosa vuole da me… sto cercando di abbandonarmi a Lui, così che possa indicarmi la strada, mi sto innamorando di Lui e …sono felice”.

In quel momento mi sono sentita smarrita, incredula, disarmata, piccola, di fronte ad una “cosa” così grande, così unica, così rara… È difficile descrivere le emozioni che ho provato cercando di capire. Desideravo tanto aiutarlo, rassicurarlo, come quando era piccolo e bastava una carezza, un bacio, una storia raccontata piano… Io che l’ho cresciuto, che gli ho insegnato tante cose, che lo amo più della mia stessa vita, non sapevo cosa fare o dire… Forse la mia era semplicemente paura di madre, paura di perderlo, e sentivo dentro una nostalgia struggente, quasi un dolore fisico: non ero pronta a lasciarlo andare, ma non potevo fermare la sua luce!!!

Allora ho imparato da mio figlio. Come lui, mi sono affidata al Signore completamente e ho pregato, tanto, e le mie preghiere impastate di lacrime mi hanno aiutato ad avere fede, ad avere la certezza che il Signore avrebbe vegliato su di lui, che non lo avrebbe abbandonato mai!

E da lontano in questi anni ho sempre cercato di accompagnare il suo cammino e tutti i momenti belli che ha vissuto, ho sempre cercato di sostenerlo nelle difficoltà che ha incontrato con tutto il mio amore, condividendo le sue esperienze di aiuto nei vari servizi che ha vissuto, ascoltando i racconti dei suoi pellegrinaggi, ridendo insieme della sua gioia, così preziosa per me!

Grazie a mio figlio ho conosciuto tanti frati (o “fratelli” come li chiama lui), ho sperimentato la gioia di far parte di una grande famiglia che accoglie, che abbraccia, che ama così semplicemente, sempre con il sorriso! Ho ricevuto tanto da loro, con la gratuità che caratterizza lo stile francescano e ho provato tante emozioni, forti e vere.

Mio figlio mi manca ancora tanto. Non c’è giorno che io non pensi a lui, che non parli con lui dentro il mio cuore, che non preghi per lui… Ma so che quello che fa è buono e giusto, e io ringrazio sempre il Signore per questo grande dono e sono fiera e felice di essere la sua mamma!

UN SI' O UN NO ?

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L’istante magico è quel momento in cui 
un SI' o un NO 
può cambiare tutta la nostra esistenza.

Paulo Coelho

SURSUM CORDA !

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Alpi Friulane- Monte Terzo
Sursum corda? Che strana espressione! Essa viene dal latino: 'sursum' che significa ‘in alto' e 'corda' che è tratto dalla parola 'cor' e che vuol dire 'cuore'. ‘Sursum corda’ si traduce dunque nel linguaggio corrente e anche liturgico con 'In alto i nostri cuori'. Credo che del resto sia a tutti famigliare questa espressione che il sacerdote pronuncia ogni volta nella santa messa :
Sacerdote : In alto i nostri cuori / Sursum corda
Assemblea : Sono rivolti al Signore / Habemus ad Dominum.
In alto i nostri cuori! Il cuore nella Bibbia (‘leb’ in ebraico)  è ben di più che un semplice organoEsso è considerato il centro della decisione, il luogo della volontà, sede di una coscienza illuminata e formata.
Quando Dio parla, è solo attraverso e per mezzo del cuore (‘leb‘) che l'uomo può udirlo e incontrarlo.
E' dunque nel cuore e attraverso il cuore (leb‘) che si rivela la nostra vocazione.
Naturalmente, per giungere a questa consapevolezza, è necessario che il nostro lebsia bene orientato, un pò come un'antenna parabolica verso un satellite: cattivo orientamento = cattiva ricezione del segnale. Si pone però anche subito qualche altra questione: come fare per bene orientare il nostro cuore? Ma questo orientamento è davvero così importante e necessario per la nostra vita? Facciamo un altro passo per scoprirlo. Il salmo 120 ci parla così :
« Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il Cielo e la Terra. »
E allora sarà bene che mi chieda: In che direzione io guardo? E... che cosa desidero? Che cosa poi, in realtà, mi cattura e coinvolge veramente? 
Sono forse soprattutto rivolto a me stesso e alle mie mancanze, ai miei limiti, ai miei problemi, alle mie sofferenze?  Guardo prevalentemente agli altri e alle loro imperfezioni e ai loro errori o a quello che loro hanno e io non ho? Considero soprattutto il mondo e le sue difficoltà? Oppure, sto cercando il Signore e la sua gloria ?
Si tratta di domande davvero importanti in cui Gesù ci può orientare e illuminare con la sua parola (Mt 6, 22-23) : «La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!» 
Se poi teniamo presente che il nostro sguardo è normalmente focalizzato su ciò che riteniamo più importante, ecco che Gesù viene ancora a richiamarci e  ricordarci che: « là dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore» (Mt 6, 21)
Dunque, per bene orientare "l'antenna parabolica" del nostre cuore, è  necessario imparare a direzionare al meglio il nostro sguardo. Ma questo non è per niente facile nè scontato! Talvolta basta qualche "grado" di differenza per farci miseramente cadere. Lo stesso Simon Pietro ne ha fatto amara esperienza quando camminando sulle acque per raggiungere Gesù, tutto gli va bene fino a quando il suo sguardo e la sua attenzione, improvvisamente, non sono più rivolti a Gesù, ma vengono atterriti e travolti dal mare in tempesta. E' allora che inizia ad avere paura e ad affondare!! (cf. Mt, 14, 22-33). Anche San Paolo ci racconta in una lettera come sia stato fondamentale per lui indirizzare la parabola del suo cuore verso Gesù (Fil3,14):
« Questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.»
Tutto ciò deve interrogarci: verso quale meta e scopo di vita siamo diretti? E poi, come potremmo correre verso un obiettivo senza mai guardarlo, per dirigerci verso di esso? Il peccato è proprio questo: quando ci lasciamo distrarre come San Pietro e perdiamo di vista l'obiettivo vero della nostra esistenza che è Gesù. Il peccato è quando il nostro cuore è male orientato e così ci dirigiamo verso un idolo invece di mirare e correre verso il Signore. Ma il frutto di questa mancata centratura non può che non essere amaro e triste; è mancare infatti, il bersaglio della vita eterna, il bersaglio dell'Amore vero che solo è fonte di felicità e fecondità.
Verso quale meta è dunque orientato il nostro sguardo? Perchè non prenderci a questo punto un pò di tempo per rispondere a tale domanda tanto importante? Perchè non provare a tendere l'arco della nostra vita per mirare l'obiettivo del nostro desiderio più profondo?
Sì, alziamo il nostro sguardo, eleviamo i nostri cuori! Lasciamoci condurre alle altezze dell'Amore, alla sorgente della Santa Trinità! E' là che il tempo si arresta e i nostri interrogativi trovano risposta; è là che i nostri occhi si illuminano perchè guardano in Alto, ricercano l'Alto. Il salmo 33 ci incoraggia al riguardo :
"Guardate a Lui e sarete raggianti, non sarano confusi i vostri volti!" 
Prendiamoci allora del tempo per discernere la nostra strada! Una buona occasione al riguardo è per es. il Gruppo san Damiano che riunisce dei giovani desiderosi di comprendere la propria vocazione, scoprendo ciò che il Signore ha seminato nel loro cuore ("leb").  Se ti interessa vedi qui i dettagli della proposta.
Disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.» i. (Gv 14,6)
 cfr. https://vocationfranciscaine.com/

CHE SIGNIFICA VIVERE LA VERGINITA' - CASTITA' PER IL REGNO ?

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Cari amici in "ricerca vocazionale",
pace e bene!

Riprendo oggi un tema che sempre crea questioni e dibattiti: il voto di castità e la scelta del celibato/nubilato che caratterizza noi religiosi (frati, suore..).  Al riguardo, ricordo molto bene una lettera inviatami tempo fa da Dennis, un giovane di 22 anni. Questi si dichiarava cattolico, ma affermava "di non capire in alcun modo la scelta della castità e del celibato, per i sacerdoti come per i religiosi ". Mi chiedeva pertanto di aiutarlo a "comprendere meglio il senso di quell'espressione di Gesù in cui parla di verginità per il regno dei cieli":«Vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli»: così troviamo, infatti, nel Vangelo diMatteo (19,12). Di seguito una breve riflessione che può essere utile per tutti.

Al Signore Gesù sempre la nostra lode
Fra Alberto (fra.alberto@davide.it)


COSA VUOL DIRE VIVERE LA VERGINITA' - CASTITA'PER IL REGNO?
Che cosa vuol dire, insomma, verginità (l'essere eunuchi) per il Regno dei cieli? Partirei da una definizione sintetica:
  • Esser vergini per il Regno dei cieli vuol dire amare Dio al di sopra di tutte le creature (con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze),
  • Per amare con il cuore e la libertà di Dio ogni creatura, senza legarsi a nessuna, né escluderne alcuna (senza procedere cioè con i criteri elettivi-selettivi tipici dell’amore umano),
  • anzi, amando in particolare chi è più tentato di non sentirsi amabile .
Provo a scomporre gli elementi più significativi della proposta, come emergono da questo tentativo di definizione:

1) La sostanza della verginità: E' l'Amore! La scelta verginale consiste essenzialmente nell’Amore, inizia e si compie nell’amare, nel voler bene, non primariamente nel rinunciare all’amore o a qualche istinto. Il consacrato pertanto non è uno che rifiuta l'amore! Anzi!

2) L’oggetto dell’amore verginale: E'Dio! Anzitutto e prima di tutto e tutti! Ma non solo Dio, anche le creature, ogni creatura, e in particolare chi è più tentato di non sentirsi amabile e non è di fatto amato. Non c’è rivalità tra questi amori, semmai c’è progressione a partire dall’amore di Dio, come un movimento concentrico.

3) La modalità o stile dell’amore verginale (=condizioni in positivo): E' la totalità, indicata dalle caratteristiche dei due amori: Dio è amato con tutto il cuore, mente e volontà; la creatura col cuore e la libertà di Dio. Dunque è un amore totalmente umano e totalmente divino.

4) Le rinunce dell’amore verginale (=condizioni in negativo): il vergine deve certo rinunciare a legami definitivi ed esclusivi, per tutta la vita (sarebbe il matrimonio), ma anche a esclusioni di sorta, di qualcuno. In sostanza deve rinunciare a procedere coi criteri della benevolenza o simpatia solo umana o dei legami del sangue, che sceglie ed esclude in base al semplice istinto o all’interesse personale, più che a quello altrui.

5) Il modello di una vita in verginità: E' Gesù stesso (Fil 2,6-11) che senza tenere nulla per sè, si è spogliato di tutto e totalmente si è consegnato al Padre e ha offerto la Sua vita per tutti, spezzando il Suo corpo e versando il Suo sangue per ognuno di noi; spalancando in tal modo sull'umanità intera le Sue braccia .

6) La tipicità di una vita verginale: Non è una scelta "umana" fra le tante (magari inventata dai preti!) , ma scaturisce direttamente dalla vita e dal'esempio di Gesù, Figlio di Dio. Chi vi è chiamato e vi aderisce vuole riproporre dunque il modo di amare di Dio,  nello stile "divino" mostratoci da Gesù: i Suoi gesti, i sentimenti, la Sua scelta radicale di Dono di Sè. Per questo nella Chiesa la Verginità è necessaria e sempre sarà presente!

Di fronte alla semplicità e ricchezza di questi elementi dovrebbero apparire ancor più strane e immotivate le molte paure e i molti  imbarazzi e incomprensioni anche di tanti cristiani  nel guardare alla scelta verginale, ma...si sa.., il Vangelo non è mai a buon mercato, mentre è più facile voler apparire  al passo coi tempi.

Vi segnalo anche al riguardo una stupenda catechesi pronunciata dall'amato Giovanni Paolo II su questo tema.

Il Signore vi benedica e vi conceda di alzare lo sguardo, di tendere alle più alte vette!


DIO CI PARLA? QUANDO, COME? STORIA VOCAZIONALE DI FRA ROBERTO, GIOVANE FRATE

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Pace e bene amici "ricercatori"!

In un recente post ho presentato la testimonianza di fra Emanule Zuglian giovane frate studente in teologia a Padova

Questa volta è fra Roberto Gottardi a raccontarci un episodio significativo della sua storia vocazionale. Fra Roberto è diventato frate appena qualche mese fa ad Assisi, ma con già una buona dose di esperienza di vita e di lavoro alle spalle. Ora egli pure vive a Padova (presso il Convento sant'Antonio dottore) dove prosegue gli studi e la formazione.

Ringraziamo Fra Roberto per la sua testimonianza ..magari facendo per lui anche una preghiera! 

Al Signore Gesù sempre la nostra Lode. 
fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

Fra Roberto...a destra
Quella volta che… 
Testimonianza di fra Roberto

È stato difficile scegliere un episodio, un momento nel quale ho sentito che Dio mi ha parlato.
Così, pregandoci sopra, davanti al crocifisso di San Damiano che tengo in camera, ho deciso di condividere un episodio molto significativo della mia storia vocazionale, risalente a una decina di anni fa.

Il contesto è semplice: una messa una domenica pomeriggio. Solita chiesa e solita messa. La celebrazione è, come sempre, molto familiare e l’omelia molto ricca. Alla fine dell’Eucaristia faccio l’abituale giro dei saluti; le persone sono tante e cerco di non dimenticare nessuno.

Mentre giro vedo un amico, Gabriele– al tempo studente di teologia, ora è missionario in Costa d’Avorio. Mi avvicino a lui per dirgli ciao e per parlare così un po’ insieme. Dopo qualche parola ci salutiamo scambiandoci un abbraccio. Un gesto come questo normalmente dura qualche secondo. Invece quella volta, mentre io stavo per lasciarlo, lui mi trattiene e stringe più forte.

Non so come spiegarlo, ma in quel momento ho percepito un senso di pace profonda, come se avessi ricevuto un abbraccio dal Signore. Tornando verso casa, ho pianto per tutto il viaggio di ritorno e anche una volta rientrato.

Ecco, in questa occasione mi sono sentito amato dal Signore, mi sono sentito cercato da Lui, e Lo ringrazio per avermi usato così tanta misericordia. Ogni volta che vivo momenti di tristezza, di fatica, ripensare a quell’episodio mi dà molta consolazione, mi fa ritornare ad una sorta di centro interiore, ad un calore che mi scalda l’anima e dà senso alla mia vita, alle mie scelte. Lì ho sentito il Signore chiamarmi, accarezzarmi con la dolcezza profonda e paterna che solo Lui sa donare, con un gesto semplice ma chiarissimo.

In un mondo così complesso come quello di oggi, veramente questi piccoli gesti, se li accogliamo con il cuore aperto e con attenzione, possono dare un senso al nostro vivere, alle nostre scelte, risvegliare in noi e in chi ci sta intorno la bellezza della vita.

Vorrei chiudere e salutare tutti con una frase di papa Francesco, dall’enciclica apostolica Gaudete et exultate: “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”.

Fra Roberto

TORNA LA "SVEGLIA FRANCESCANA"

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ROMA - Giovani frati alla "SVEGLIA FRANCESCANA"
Pace e bene cari amici in ricerca.

Domani, 25 novembre 2018, nella solennità di Cristo, Re dell’Universo, ritorna in gran forma il gruppo di evangelizzazione “Sveglia Francescana”.

Si tratta dei nostri giovani frati francescani conventuali, studenti in teologia a Roma, che animeranno le piazze e le strade del centro di Roma, annunciando la bellezza e la gioia del Vangelo del Signore Gesù, unico vero Re. 

Siamo tutti invitati a pregare per loro e per le persone che incontreranno.
E se qualcuno vorrà unirsi ad essi per dare insieme lode a Dio, l'appuntamento è per:
domani dalle ore 15:00 in Piazza Navona presso la Chiesa di Sant’Agnese. 

Ci saranno canti, balli, dialoghi, confessioni per chi vuole, adorazione eucaristica e benedizioni.
Vi aspettiamo!!! Viva Cristo, Re dell’Universo !!!

ASSISI - IMMACOLATA: Week-End Vocazionale - "Signore, cosa vuoi che io faccia?”

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Cari amici in ricerca vocazionale, il Signore vi dia pace. 

Da giovedì 6 a domenica 9 dicembre  i nostri frati di Assisi del "Centro Francescano Giovani", presso la Basilica di san Francesco, propongono il Week-End Vocazionale “Signore, cosa vuoi che io faccia" riservato a tutti quei ragazzi che già sono in un cammino di discernimento vocazionale, ma anche è rivolto a coloro che desiderano inziare questo percorso.


Noi frati del Nord Italia parteciperemo con i giovani del Gruppo san Damiano e altri ragazzi che ci hanno chiesto un aiuto per comprendere la strada che il Signore vuole loro indicare.

Sempre stupisce come Assisi sia per tutti (giovani e non solo) una tappa importante per fare un pò di luce, per giungere al senso profondo di sè, per un più attento discernimento e per scelte di vita e vocazione davvero libere e consapevoli! 

Se qualche ragazzo intende ancora unirsi al gruppo del Nord, anche per il viaggio ( ci fermeremo a La Verna), mi contatti al più presto. 


Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto (fra.alberto@davide.it



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